Apri le tue vele ad accogliere il vento, che ancora molto per te deve accadere. Angelo Branduardi, Il Viaggiatore.

Dunque finalmente solo. Un brivido percorse la sua schiena mentre lo attraversava un tale pensiero. Era un taglio netto, una ferita profonda, ma anche un'apertura. Era forse troppo tutto insieme, troppo per decidere se bene o male. Che Alice avesse detto "forse e' meglio cosi'" e che se ne fosse andata, mai lo avrebbe pensato possibile, prima di allora. Ma era dunque proprio cosi', che quello che c'era, semplicemente c'era, ed era acquisito ed in un certo modo definito ed assimilato, non piu' solo valutato o valutabile, o soggetto a (oggetto di) riflessione.

Ma ora Alice non c'era piu'. Con lui, non c'era piu'. Dunque solo, e questo si sbalzava ex abrupto alla mente come argomento dominante. La luna si specchiava sul canale, il riflesso si slargava in una gialla scia luminescente. La notte era fredda e stellata, pungente era l'aria ed una delicata brezza gli arrossava le guance. Era uscito di casa, neanche sapeva bene perche', per passeggiare all'aria, per schiarirsi le idee. Sembrava finito tutto, ed ora provava il brivido che sempre avvertiva davanti alle transizioni improvvise, agli scossoni della vita. Beh, in fin dei conti non era niente, era forse cosi' che doveva finire, era il termine naturale della faccenda, forse. O forse era una scommessa persa. Forse, quando la posta si faceva troppo alta, si metteva paura e abbandonava il tavolo da gioco. Un eccessivo orgoglio, un rimarcare troppo la propria (stranamente) intoccabile autonomia, era stato questo a precipitare il tutto? Inutile, addentrarsi nei pensieri non chiariva, neanche questa volta. Come sempre era stato, pensare troppo annuvolava e stemperava tutto in un magma indistinto senza piu' chiarezza. Piu' utile era guardare. Guardare fuori. Fuori di se. E' li' che veramente succedono le cose. Ma cosa succedera' adesso?

Si alzo' e si allontano, lentamente, dal canale. La vista dell'acqua, il tremolio della luce e i mille contorni luminescenti che generava sulla molle superficie dell'acqua, in un certo modo come fuoco baluginante di un camino, placavano il risentimento piu' pungente, l'angoscia piu' aspra.

Nella notte plumbea spiccava cristallina la luce del bar all'angolo, dilagava languidamente una striscia luminosa che lambiva l'asfalto umido, una luce calda che invitava ad avvicinarsi.

Conosceva bene quel bar. Gia' la vetrina attirava, era quasi una festa per l'occhio, aveva pensato altre volte (ma con stupore noto' come fosse vero anche in questo momento): tante belle bottiglie di varia foggia e colore messe, con bella arte, in due file parallele che correvano lungo la vetrata (cosi', come se per loro niente fosse successo), poi delle decorazioni per il Natale (era infatti la fine di dicembre) rosse e di un argentino quasi squillante, quindi qualche confezione di caffe' di varie marche e tipologie, con antiche fogge e orpellosi disegni. All'interno, qualche tavolino rotondo e infine un lucido bancone lungo e ampio faceva bella mostra di se.

Si decise ad entrare. Una vampata di caldo lo raggiunse in piena faccia. Antonio stava pulendo dei bicchieri, due persone giovani sedevano al tavolo vicino alla parete, apparentemente intente a tracannare onesti boccali di birra e a parlare fitto, una televisione parlava in tono persuasivo ai pacchettini di caramelle colorate - che peraltro non mostravano segni di un chiaro interesse - rischiarandoli a tratti di luce azzurrina.

Antonio diede una prima occhiata rapida (come faceva sempre quando si apriva la porta del bar), poi senza che il suo viso cambiasse minimamente, si rimise intento al suo lavoro. Poi pero' inaspettatamente sorrise. "Ciao Sandro, offro io oggi, la vuoi una birra? Ne berrei una con te, poi mando via quei due e chiudo, e' un po' tardi, ormai." "Grazie Antonio, ma non serve..." "Serve, serve, te lo dico io che serve, lo so io. Basta guardarti..." I baristi sono tutti un po' dottori, penso' Sandro, sara' per mestiere che riescono a capirti solo con un'occhiata.

Ed era stato il preludio ad una aperta chiacchierata, franca ed anche un tantino liberatoria, con Antonio che ripeteva piu' volte "Io credo che non dovresti prendertela, davvero". E lo diceva con un tono, e rimarcando quel "davvero", che avresti pensato che solo un folle avrebbe potuto disattendere un simile consiglio. "E' che si vive cosi', un po' cosi', oggi. Io, tu, un po cosi'..." "Scusa Antonio, mi fai il filosofo!" ad un certo punto infatti lo aveva quasi preso di petto, non gli andava proprio giu' quel fatto di buttare due parole li' facendo intendere chissa' cosa e poi, quasi, al dunque non dire niente... "Ma poi, cosi', cosi'! Come, cosi'?" Antonio lo guardava con la faccia un po' stupefatta. Come a dire "ma non lo sai, sono solo un barista". "Un po'... un po' in disordine, ecco. Non c'e una cosa... non c'e' piu' una cosa che..." "Che? che cosa?" "Una cosa. Una cosa intorno a cui fare ordine, penso. Quando io ero bambino... era... Insomma, non so, che vuoi che ti dica!" "Vabbe' vuol dire che ora ci finiamo 'sta birra e me ne vado a casa, sara' meglio, va." E inspiegabilmente gli era venuta quasi voglia di ridere. Buffo: se ne sorprese quasi subito. Forse una birra di troppo. Indagando mentalmente scopri' ancora immediato e forte il dolore, ancora incompreso, non metabolizzato, che pungeva forte. Ma poi lo dimenticava e sorrideva. Gli occhi annebbiati annaspavano su quel che sembrava un quadro pastello di bottiglie colorate sugli scaffali. Tanti colori, tante informazioni diverse – troppe - perche'? La rabbia trattenuta si scioglieva in stanchezza, sana. Si' che fissava Alberto e quasi perdeva il fuoco agli occhi come una fotografia stramba, perche' era troppo vicino e inoltre, a tratti, brani di discorso erano persi, ma Alberto apparentemente non ci faceva troppo caso.

E a tratti come da un gorgo della memoria si riprendeva brandelli di passato troppo prossimo, che ancora lo turbavano: i vestiti di lei, i suoi odori, i profumi e anche l'odore del suo corpo, che lui pensava sempre "sono al sicuro" quando era a lei vicino, il suo corpo come tenera tana e riparo conosciuto... Pensieri che non erano pensieri ma che stringevano lo stomaco forte proprio perche' erano fatti concreti - odori, emozioni, felicita' trattenute o teneramente rivelate, a lei, a lei sola...